domenica 26 ottobre 2014

Parte la stagione sciistica sulle nevi di Soelden e l'Austria piazza la doppietta Fenninger-Hirscher

Parte la stagione sciistica con il classico weekend di Soelden, nel bel paesaggio innevato austriaco.
Le prime a darsi battaglia sono state le donne, nello slalom gigante, dove le austriache si sono subito messe in mostra.


A vincere la gara sono state in due Anna Fenninger e Mikaela Shiffrin, già protagoniste lo scorso anno, ma è stata la prima vittoria per la statunitense, specialista dello slalom speciale. Una avversaria in più per la Fenninger, che invece aveva vinto 4 volte nell'ultima stagione. Dietro di loro, altre due sciatrici di casa, la Brem e la veterana Zettel, e poi la nostra Federica Brignone, che ha mostrato già i suoi miglioramenti nella categoria.
Solo 17esime Gisin e Mancuso e 22esima la Maze.

Nel gigante maschile, gli azzurri si presentano con un folto gruppo, guidato da Nani e Simoncelli. I campioni da battere come nell'ultima stagione, sono l'americano Ligety, il francese Pinerault, l'austriaco Hirscher e il solito, ma mai domo nonostante i suoi 36 anni, Benjamin Raich.


Il percorso ricco di difficoltà, fa subito selezione nella prima manche, con Hirscher e Ligety separati da meno di 20 centesimi, ma con più di mezzo secondo su Dopfer in 3^ posizione. Il primo degli azzurri è Nani, settimo a un secondo dal leader.
Ma a ridosso dei dieci si piazzano anche Simoncelli e soprattutto il giovane De Aleprandini.
Nella seconda e decisiva manche, si mette in luce proprio il nostro Davide Simoncelli, con il quinto tempo di manche che gli permette, insieme al francese Muffat, di mettere pressione ai primi.
La visibilità cala, soprattutto all'altezza del secondo intermedio, dove chiunque perde secondi preziosi da chi l'ha preceduto, Pinterault e Raich infatti chiudono con il 14^ e 15^ tempo di manche, mantenendo solo per pochi centesimi la loro posizione su Muffat e Simoncelli.


Poi il meno atteso, il tedesco Dopfer, mostra buona concentrazione, e mantiene i suoi 50 centesimi di vantaggio su Pinterault e Raich, assicurandosi il primo podio di stagione. Le prime due posizioni sembrano inattaccabili, ma un brutto errore sulle porte finali, vede Ligety chiudere solamente decimo. Hirscher invece non ha paura di attaccare nemmeno nella seconda manche e chiude con 1 secondo e 58 centesimi su Dopfer.
Un Hirscher mostruoso, vicino alla perfezione, che pone subito l'asticella a un livello altissimo.
Bene Simoncelli che chiude sesto a soli 23 centesimi dal terzo posto. Nono Robero Nani, peccato invece per De Aliprandini, caduto quando avevo un buon vantaggio su Simoncelli nella seconda discesa.
Tra Soelden e Levi però, ci sono tre settimane per poter cominciare a fare sul serio.

Niente da fare per la Halep, la regina è ancora Serena Williams

Non sembra sia una favola, quella che Simona Halep sta vivendo, sembra molto convinta di quello che ha fatto.
Quando ha battuto Serena Williams la prima volta, durante la fase a girone, dava l'impressione di aver solo trovato la giornata giusta, ma non infliggi la peggior sconfitta degli ultimi 16 anni a Serena, senza un minimo di convinzione e capacità dei propri mezzi.
Ma il destino ci ha permesso di rispondere a tante domande, se effettivamente la giovane tennista rumena poteva diventare la bestia nera dell'americana, una delle poche ad aver capito come mettere seriamente in difficoltà l'indiscussa numero 1 al mondo.


La finale di Singapore, valida per la WTA Championship, si è aperta subito con una Williams concentrata e aggressiva, ma anche sorridente, che aveva affermato alla vigilia, in maniera ironica, di cominciare dal vincere più di tre game (la partita di qualche giorno prima era finita 6-0 6-2) e poi chissà, anche qualche set.
Con il primo game conquistato al servizio, si è visto già il pugno in direzione dell'avversaria, segno che non si arrenderà facilmente, come accaduto mercoledì.
Simona, però, non si fa intimorire, e dimostra di non pagare la vicinanza dell'obiettivo finale, con un game vinto a zero, e il break nel game successivo.
Si ha subito l'impressione di poter assistere ad un'altra impresa della rumena, ma i nervi mettono a dura prova entrambe, e Serena risponde subito riportandosi in parità.
I colpi spettacolari si alternano a errori incredibili, con tutte e due le giocatrici che costruiscono occasioni e poi le "spediscono in corridoio".


La tensione costringe la due atlete a mettere poche prime in campo e a commettere troppi doppi falli, soprattutto quando Serena poteva portarsi sul 5-2 e ipotecare il primo set. Ma nonostante qualche momento di appannamento, l'americana è intenzionata a conquistare il parziale iniziale, e piazzando due game consecutivi, chiude per 6-3, inneggiando il tifo del pubblico.

A questo punto la numero 4 sembra incassare il colpo, non è più quella ragazza caparbia vista fino alla semifinale con la Radwanska. Con Serena non puoi avere questi attimi di riflessione, perché in pochi minuti ti ritrovi sotto 3-0 e con due break di svantaggio. Ormai la statunitense sembra aver ritrovato la giusta concentrazione ed essersi scrollata di dosso la brutta prestazione dell'ultima sconfitta.


I game successivi scorrono inesorabilmente rapidi, con Serena che riesce a vendicarsi replicando quasi il punteggio che gli aveva inflitto la Halep lo scorso 22 ottobre, con un 6-3 6-0 finale.
Ma poco importa, questo successo ha un'importanza diversa, perché permette alla numero 1 di vincere il suo quinto WTA Championship, terzo consecutivo dopo i due successi a Istanbul.
La Halep può comunque considerarsi soddisfatta per la finale conquistata nella sua prima partecipazione al torneo delle migliori.

Marc Marquez come Doohan: 12 vittorie in una sola stagione!

Non si accontenta il Cabroncito. Anche in Malesia il giovane Campione del Mondo della Honda, che aveva già chiuso i conti a Silverstone a fine estate, si è andato a prendere il primo posto con una gara in rimonta, dopo aver assistito da spettatore non pagante, alla sfida affascinante tra le Yamaha di Rossi e Lorenzo.


Lo spagnolo di Cervera, subito dopo la partenza, dalla prima piazza si era trovato catapultato attorno alla 6^ posizione, a causa di un contatto lieve con il connazionale Lorenzo. Davanti a fare il ritmo c'era l'altro iberico della Honda, Dani Pedrosa, che si teneva alla spalle Lorenzo, Dovizioso, Rossi e Bradl.
Superato dal Porfuera, Pedrosa è incappato in una scivolata, causata dallo slittamento dell'anteriore, e si è trovato in un batter d'occhio in fondo al gruppo. Strada spianata per il Dottore e per Marc Marquez, che in pochi giri si era sbarazzato degli ostacoli Bradl e Dovizioso.

Dopo 6-7 giri da inizio gara, è già diventata una lotta a tre, con le due Yamaha davanti a darsi battaglia, mentre Marquez seguiva a breve distanza, senza stressare le gomme. I tre piloti di testa, fino a 8 giri dal termine non hanno osato sorpassi, non tanto per mancanza di coraggio, quanto per la presenza di punti della pista che favorivano prima l'uno poi l'altro, con Valentino Rossi che faceva da elastico tra il leader e chi gli dava la caccia.
Poi Valentino ha capito di essere un po' più veloce di Jorge, e dopo essersi attaccato alla sua posteriore, lo ha "infilato" nel punto più tecnico del circuito.
Marc però sa che non deve far scappare Rossi, e dopo un giro si mette davanti a Lorenzo con una facilità disarmante.

A 5 giri dal termine è solo una lotta a due, ma Marquez non deve fare nemmeno troppi sforzi per superare l'idolo di Tavullia, perché l'azzurro gli facilita il compito con un largo ad una curva. Nonostante la leadership persa, Valentino non molla, ma a due giri dalla fine è costretto ad arrendersi, complice anche l'usura rapida delle gomme. Lorenzo è terzo, quarto Bradl e quinto Smith, mentre crolla per problemi tecnici Dovizioso, che finisce in ottava posizione.


E' così sono 12 le vittorie per Marquez, 10 nelle prime 10 gare, solo lui e Mike Doohan capaci di un record simile, e con ancora l'ultimo appuntamento da affrontare a Valencia.
In Malesia, inoltre, Marc aveva vinto solo in classe 125.


mercoledì 22 ottobre 2014

Una notte magica diventata un incubo tedesco

Doveva essere la consacrazione della Roma in Europa, tanto entusiasmo per quella che sarebbe stata una partita epocale, oltre ad essere una ghiotta occasione per ottenere in anticipo la qualificazione agli ottavi, visto il pareggio del City a Mosca.


Invece la notte dei sogni si è trasformata ben presto in incubo per la squadra di Rudi Garcia, sopraffatta dal gioco spaziale del Bayern di Guardiola. I tedeschi hanno letto la partita perfettamente, sono entrati in campo con l'idea di togliere alla Roma il pallino del gioco, di non far prendere punti di riferimento a Totti e compagni, e pungerli alla prima occasione.

I motivi di questa disfatta, concentrata soprattutto nel primo tempo, potrebbero essere svariati, ma l'atteggiamento dei giallorossi in campo, fa pensare a una aspettativa troppo grande, che è stata demolita dalla cattiveria dei giocatori tedeschi.
Gli 11 di Rudi Garcia si sono fatti schiacciare subito dal pressing asfissiante del Bayern e dal gol subito dopo 8 minuti, nella prima occasione capitata sui piedi di Robben e contrastata male dalla difesa romanista.
Ashley Cole ha sofferto tantissimo l'olandese, che si manteneva largo sulla fascia destra, come chiesto da Guardiola, ma non è stato l'unico a cadere nella rete creata dai campioni della Bundesliga.
Il centrocampo è stato assente, non è mai riuscito a dialogare nei primi 45  minuti, tranne in una situazione, che aveva visto Gervinho mettere in difficoltà la retroguardia del Bayern.
Per il resto è sembrato rivivere quel 7-1 subito dal Brasile da quella Germania che oggi riproponeva tanti protagonisti di quella storica partita del Mondiale carioca, vissuta solo qualche mese fa.


Totti è stato colui che ha deluso più di tutti, sempre fuori dal pallino del gioco, mai chiamato in causa, e il primo ad abbandonare il campo all'inizio della ripresa, insieme a Cole.
Che fosse stato anche un problema psicologico, lo si è notato nel secondo tempo, perché sul terreno dell'Olimpico si è vista una Roma che ha voluto tirar fuori l'orgoglio, e insieme alla freschezza di Florenzi, ha provato a limitare quel 5-0 con cui era stata chiusa la prima frazione.
Si è rivisto il solito Gervinho inarrestabile, un palo, due occasioni nitide, e il gol che ha fatto risvegliare lo stadio, che nell'occasione era stato riempito per celebrare l'importanza dell'evento, raggiungendo incassi record che non si vedevano da un Roma-Real Madrid del 2008.

Per qualche minuto, anche grazie al Bayern che avevo allentato un po' il pressing a centrocampo, si è pensato a un piccolo recupero, ma la prontezza di Neuer, e un fuorigioco fischiato ingiustamente all'attaccante ivoriano, hanno lasciato invariato il risultato.
Ma appena la Roma ha calato l'attenzione, dai nuovi entrati Ribery e Shaqiri, difficile da considerarli panchinari, sono arrivati altri due schiaffoni che hanno steso definitivamente i giallorossi.


Garcia, che aveva già preso dure lezioni dal Bayern in passato, con un risultato simile quando allenava il Lille, ha ammesso di aver sbagliato strategia a inizio partita, con la sua squadra che sarebbe dovuta essere più attendista, senza cercare di dover fare la solita partita d'attacco. Ma nei primi gol, sembra che l'errore non sia nella posizione dei difensori, quanto nello spazio lasciato al tiratore. Inoltre il grande lavoro di Guardiola si è visto nella disposizione in campo dei suoi giocatori, con Alaba e Gotze che hanno cambiato più volte posizione durante i 90 minuti, mandando in confusione i romanisti.

Un 7-1, anche se subito da una squadra stellare, rimane un duro colpo, soprattutto quando l'ambiente
era stato caricato a mille, e sarà compito di Garcia far sì che il gruppo rimanga concentrato e fiducioso dei propri mezzi.

sabato 18 ottobre 2014

In Eurolega due sconfitte, ma a testa alta, per Milano e Sassari.

Italiane a testa alta nella prima giornata di Eurolega, ma nonostante le due ottime prestazioni, sono arrivate sconfitte di misura sia per Sassari che per Milano.


La squadra di Logan, Dyson e Cusin ha giocato per prima, nel pomeriggio, e forte dell'entusiasmo dovuto al debutto sul grande palcoscenico europeo, è partita alla grande con un parziale di 26-7 che ha spiazzato il Novgorod. Ma i russi non sono rimasti a guardare, e con i canestri di Kinsey e Thompkins, hanno cominciato a recuperare lo svantaggio già nel secondo quarto.
A metà gara il vantaggio di Sassari era ridotto a soli 4 punti, pareggiati subito all'inizio della ripresa.
La Dinamo che viaggiava oltre il 50% da 3, inizia ad essere meno precisa dall'arco, mentre i russi si affidano sempre più al pick and roll, costruendosi il massimo vantaggio di 7 punti, che sale a 10 all'inizio dell'ultima frazione di gioco.
Ma il gruppo di Sacchetti non vuole perdere l'occasione di vincere la prima in Eurolega, e prova a rifarsi sotto con un paio di triple che li riporta a meno di un possesso di svantaggio, con pochi secondi allo scadere del tempo regolamentare. I sardi hanno anche l'occasione del pareggio, grazie ad una palla rubata da Todic, con meno di 5 secondi sul cronometro, ma la palla del supplementare si ferma sul primo ferro.


Per Milano solo l'inizio è stato differente, con il forte Fenerbahce, il quale ha sempre partecipato alle ultime 9 edizioni della maggiore manifestazione europea, che raggiunge alla fine del primo quarto il più largo vantaggio di tutto il match, sul 26-15.
L'Armani Jeans reagisce alla grande, recuperando con pazienza con canestri dalla breve distanza (67% da 2 nel secondo quarto), e chiudendo perfino in vantaggio prima della pausa lunga. Quando il gioco riprende, le difese si fanno più agguerrite e entrambi gli attacchi fanno fatica a segnare. E' un botta e risposta che vede Milano iniziare l'ultima frazione con un punticino di vantaggio.
Bogdanovic e Bjelica faticano, ma ci pensa Goudelock a piazzare i canestri decisivi. Hackett dall'altra parte non fa meglio, allora tocca a Samuels ricucire il gap.
La squadra di Banchi è sotto di soli 2 punti quando manca poco più di un minuto al termine della partita, ma ancora Goudelock da tre, ricaccia lontano Milano. I campioni d'Italia provano a riportarsi sotto con una tripla ben tre volte nella stessa azione, ma la palla si stampa sempre sul ferro.
All'ultimo secondo Gentile riesce a portare l'AJ a -2, ma ormai mancano solo 8 decimi e la palla è dei turchi.

Due sconfitte esterne, che però fanno ben sperare per il futuro. Milano e Sassari hanno dimostrato di meritare un posto in Europa. Ma nella prossima in casa, bisogna cominciare a vincere.


lunedì 13 ottobre 2014

Mondiale agli USA, ma si chiude un mese stupendo per le azzurre di Bonitta

Certamente rimane un po' di amarezza, ma quest'Italia ha concluso il Mondiale di casa ottenendo altri risultati importanti.

Il 4^ posto, per ciò a cui avevamo assistito fino alla semifinale con la Cina, va tanto stretto, ma aldilà della posizione raggiunta al termine della manifestazione, il gruppo di Bonitta è riuscito a incantare i palazzetti di Roma, Bari e Milano, portando migliaia di persone in quei piccoli stadi e avvicinando molti, per la prima volta, alla bellezza di questo sport.


L'entusiasmo che si era creato attorno a Piccinini e compagne è stato genuino, una cornice stupenda fatta di tifo sano e voglia di spingere le ragazze verso l'impresa.
Purtroppo la troppa grinta, probabilmente, ha giocato un brutto scherzo alle azzurre, quando la finale sembrava il minimo obiettivo perseguibile.
Le cinesi, squadra giovane ma compatta, con il gran lavoro svolto dalla allenatrice Lang, avevano sorpreso in positivo nella prima fase, vincendo 8 gare consecutive, prima di doversi giocare il primo posto alla fine della seconda settimana.

Di fronte alla forza delle azzurre però, le cinesi si sono arrese opponendo resistenza in un solo set, cedendo la testa di serie per l'ultima fase, alle italiane.
A quel punto il team di Bonitta a iniziato a credere seriamente nelle proprie capacità, con il forte Brasile evitato, ma con gli USA e la Russia sulla strada che le portava alle semifinali.
Il coach azzurro ha caricato le ragazze, prima delle Final Six di Milano, sostenendo che questo gruppo era in netta crescita, partita dopo partita, e la risposta del sestetto si è ben vista in campo.


3-0 da brividi alle ragazze statunitensi e 3-1 alla giovane Russia, che però nella rosa presentava giocatrici che hanno vinto gli ultimi due campionati mondiali. Dall'altra parte, il Brasile non ha avuto pietà di Cina e Repubblica Dominicana, lasciando a loro la battaglia per occupare l'altro posto per una semifinale. Gli USA sono scese in campo con tutt'altra testa contro le russe e hanno portato a casa la qualificazione con un netto 3-0, mentre la Cina sul filo di lana, è riuscita ad avere la meglio sulle dominicane.

Ma a quel punto la finale sembrava solo pura formalità, con le brasiliane che avrebbero avuto l'onore di essere le prime finaliste dichiarate, seguite dalle azzurre.
I successi di qualche giorno prima e il percorso fatto fino a quel momento, però, non significavano nulla. Le carioche sono crollate soprattutto mentalmente contro gli Stati Uniti, guidati da una Hill stratosferica, e succede l'inaspettato: 3-0 per la squadra di coach Kiraly e la possibilità di vincere il loro primo Mondiale.

Con il Brasile rimasto sorpreso, le azzurre avranno pensato di avere il trofeo in pugno, ma è arrivato quello che si temeva. Troppa convinzione, troppa euforia, e una Cina che non aveva nulla da perdere e con le idee ben chiare. I primi due set della semifinale, volano in un batter d'occhio, e in meno di un'ora sembra essere stato buttato tutto alle ortiche.
Poi la reazione veemente delle italiane e quel terzo set portato a casa, più con la testa che con la tecnica. E dopo la lotta punto a punto, i match-point delle cinesi e la voglia di non mollare delle azzurre, ma in questi momenti basta un azione per decidere la partita. Arriva sul 30-28 con il sogno di una finale persa e le lacrime della Allegretti, che come tutte le altre, ci aveva creduto fino all'ultimo.


Così abbiamo avuto la finale che non ti aspettavi, con gli Stati Uniti che ci hanno creduto di più, e le cinesi che hanno provato a tornare in partita, approfittando dei black-out e della paura di vincere delle ragazze di Kiraly, ma con le schiacciate della Larson e della Hill, e guidate dalla carica della Harmotto, le americane hanno messo le mani sul trofeo.

Anche con il Brasile, le azzurre sono partite contratte, non c'era più quella serenità vista sui volti prima delle semifinali, e nonostante ci sia stato un bellissimo recupero, che stavolta ha portato fino al 5^ set, nel tie-break decisivo è sfumato il bronzo.


Poco male, perché in questo mese si è vissuta un'atmosfera ricca di festa ed entusiasmo che ha circondato questo gruppo, 2 milioni di spettatori incollato davanti alla tv, altre migliaia sugli spalti, i nomignoli che sono stati creati come quello alla Diouf, il "braccio veloce del volley" o alla Chirichella, "la principessa".
E' stato bellissimo vedere una campionessa come Francesca Piccinini, in secondo piano, spingere le titolari in campo come una vera capitana, la grinta di Nadia Centoni e la perfezione al palleggio di Eleonora LoBianco nonostante le oltre 520 presenze in nazionale.
L'intesa Diouf-Ferretti è stata eccezionale, la sicurezza che ci ha dato Moki Di Gennaro in ricezione, da vero libero. Il muro a tratti invalicabile di Del Core e la giovanissima Cristina Chirichella, solo 20 anni per la napoletana.

Ma meritano tutte una menzione, perché Bonitta ha puntato da subito sull'unione, sull'utilizzo di tutte e 14 le convocate, un mix di freschezza, con Bosetti, Folie e Signorile, ed esperienza, con Cardullo e Arrighetti.
Un plauso speciale va alla Costagrande, argentina di nascita, solo dal 2010 con la maglia azzurra, quella divisa che ha onorato come tutte, vincendo già una Coppa del Mondo l'anno seguente, e offrendo un'altra grande prestazione in questa competizione.


Hanno migliorato solo di una posizione quel 5^ posto ottenuto quattro anni fa, non sono riuscite a replicare l'unico trionfo del 2002, ma onore a queste ragazze per questo mese vissuto con tante emozioni.  

martedì 30 settembre 2014

Una grande Roma ferma sull'1-1 il Manchester City

Riprende da Manchester il cammino europeo della Roma, cominciato magnificamente due settimane fa con la vittoria netta per 5-1 contro il Cska Mosca.
Adesso si inizia a fare sul serio, c'è bisogno di far punti contro le dirette avversarie per la qualificazione agli ottavi. La squadra di Rudi Garcia si presenta in campo senza De Sanctis in porta, ma con il 23enne polacco Skorupski, mentre l'attacco è affidato a Totti e Gervinho, con Florenzi, Pjanic, Nainggolan e Keita a sostenere le azioni offensive. Assenza importante anche per il City, con Nasri seduto in tribuna.


Pronti, partenza, via e la squadra di casa è già in vantaggio: su un'innocua palla al centro dell'area, Maicon trattiene Aguero e commette fallo da rigore. E' lo stesso Aguero che dal dischetto è freddo e cinico, e il Manchester è già in vantaggio.
La Roma potrebbe accusare il colpo, ma i tanti supporter arrivati dalla capitale ridanno vigore a Totti e compagni. Il gioco si sposta per tutto il primo tempo nella metà campo degli inglesi, e lo stesso Maicon dopo tre minuti potrebbe pareggiare la partita ma stampa il pallone sulla traversa.
Il pubblico di Manchester col passare del tempo si ammutolisce, la Roma impone la sua velocità, e al 25esimo pareggia i conti: lancio preciso sui piedi del "Pupone", che scucchiaia un pallonetto delizioso su Hart in uscita.


Da questo momento Totti, con questa 37esima rete, diventa il giocatore più anziano a segnare un gol nella competizione europea. A 38 anni rompe il tabù dell'astinenza contro le squadre inglesi e un altro record nel suo ricco palmarès.
La Roma sa che deve continuare a spingere sull'acceleratore, Gervinho è una spina nella difesa del City, Totti continua a inventare, e la squadra di pellegrini appare in difficoltà. Ma i ragazzi di Garcia non sfruttano le occasioni che capitano sui loro piedi, compresa una conclusione di Gervinho, e un cross di Maicon che Cole, avventuratosi in attacco, non è riuscito a impattare.

I giallorossi però hanno capito di avere una marcia in più rispetto ai Citizens, e nel secondo tempo riprendono a martellare il reparto difensivo, soprattutto con Maicon. Infatti Pallegrini capisce la difficoltà di Jesus Navas nel contenere il brasiliano, e manda in campo Milner.
Ma il cambio non sembra risolvere i problemi dei campioni in carica della Premier. Prima Florenzi, e poi Pjanic per ben due volte, non riescono a concretizzare il vantaggio.

Poi al 63esimo è il momento di Lampard per Dzeko, una sostituzione che farebbe pensare a maggiore copertura per il City. Invece è la svolta per la squadra di Pellegrini.
la Roma è stanca, mentre il Manchester sembra avere ancora tante forze e con la fantasia dell'ex Chelsea inizia a mettere gli avversari alle corde. Yanga-Mbiwa e Keita però sono attenti sull'inserimento di Fernandinho.


Sull'altro versante Totti si avventura con un dribbling a pochi metri da Hart, ma su una palla ribattuta Pjanic spara alto. E' praticamente l'ultima occasione per la Roma, perché dopo qualche minuto, con l'uscita di Totti per Iturbe, è il City a provare più volte a vincere la partita. Oltre a Lampard, si sveglia anche Silva, che prima tenta di servire l'assist decisivo per i compagni, poi confeziona un'azione quasi perfetta con Lampard e Zabaleta, ma la difesa romana non lascia spazi.


E' un pareggio positivo per la Roma, nonostante un gioco più spumeggiante per 70 minuti che gli avrebbero permesso anche i tre punti. Considerando le tante assenze, specialmente in difesa, e con poco turnover, la squadra di Garcia ha tenuto benissimo il campo.

Nel girone il Bayern Monaco vince di misura a Mosca grazie a un rigore, e si porta a 6, con la Roma che mantiene i 3 punti sul City. Nelle altre partite della serata, vittoria del Chelsea, sul campo dello Sporting Lisbona, pareggi di Ajax, Shalke e soprattutto del Porto che rimonta due gol di svantaggio nel recupero allo Shaktar, il Bate Borisov sorprende l'Atletico Bilbao, e il big-match del martedì, tra PSG e Barcellona, si è risolto a favore dei francesi, con il primo gol di Verratti, mentre agli spagnoli non è bastata la 68esima rete di Messi.
Domani la Juve nella difficile trasferta di Madrid contro l'Atletico.